La canzone di Achille

Dimenticate tutto quello che sapete sul Pelìde Achille, sulla sua immortalità, sul suo carattere irascibile. Dimenticate tutto quello che sapete su Patroclo, sulla sua amicizia con l’aristos Achaios, sulla sua poca rilevanza. Dimenticate tutto quello che sapete sulla dolcezza di Teti e i suoi amorevoli modi. Dimenticate tutto e niente, spolverate i vecchi miti e prendete in mano un libro, “La Canzone di Achille”. Vincitore dell’Orange Prize, pubblicato nell’aprile 2013, la prima opera della scrittrice Madeline Miller ha scalato velocemente le classifiche, riportando alla luce una storia antica e conosciuta, dandogli un aspetto completamente diverso. Protagonisti del libro non sono i soliti Paride ed Elena, una coppia contestata a lungo nel tempo e di cui ci si stanca ormai di parlare, bensì Achille e Patroclo, prima conoscenti, poi amici, infine amanti. Attraverso uno stile semplice e scorrevole e la voce narrante del Meneziade, veniamo a conoscenza, passo dopo passo, di una storia d’amore incredibilmente forte e travolgente. Dall’infanzia turbata di Patroclo al suo esilio nelle terre di Ftia, dove Peleo regna sovrano in compagnia del figlio, il bellissimo Achille, che porta nelle vene l’eredità del sangue divino della madre, la ninfa Teti. I due personaggi si conoscono così per caso, all’interno del palazzo in cui vivono e, da un incontro fortuito, nascerà un legame di amicizia saldo e duraturo, che porterà i giovani ragazzi a lavorare, giocare, spostarsi e vivere insieme, ognuno dipendente dalla presenza dell’altro. Tramite l’occhio sensibile e innamorato di Patroclo si viene quindi a delineare la figura di un Achille diverso da quello che si crede, un ragazzo, poi uomo, incredibilmente sincero e fedele, inconsapevole dell’effetto che provoca sugli altri e dalle mille qualità che, oltre quelle in guerra, vanno dalla musica alla caccia. Un ragazzo però anche vittima della madre che lo vorrebbe più divino che mortale, che ostacola il rapporto con il suo therapon,Patroclo, il compagno fidato e amato. Si delineano quindi due figure completamente diverse dall’immaginario comune, due uomini innamorati e indifferenti davanti ai pregiudizi, alle superstizioni e le maldicenze, fieri di ciò che sono e di ciò che provano. Nonostante la mentalità aperta e conforme dei Greci dell’epoca ai rapporti omosessuali , non tutti infatti vedono di buon occhio la coppia che, a dispetto delle passioni passeggere che colpiscono gli altri uomini, non da segni di cedimento e non si arrende di fronte alle difficoltà, separata solo dal volere ineluttabile delle Moire e delle divinità onnipresenti all’interno del romanzo che, con i loro comportamenti capricciosi e litigiosi, sono più vicini e simili agli umani di quanto sono disposti a credere. È con maestria dunque che l’autrice avvicina uno dei più memorabili poemi epici di tutti i tempi al ventunesimo secolo, attualizzandolo e donando spunti di riflessione, riportando alla luce una visione del mondo che, alla fine, non è molto distante dalla nostra e creando un empatias tra sé e i lettori che, ammaliati come dal canto di un aedo, non possono che amare la storia drammatica e coinvolgente che fu quella di Achille e Patroclo.

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